La Bianca di Saluzzo, detta amche “Bianca di Cavour”, un tempo era ampiamente diffusa in Piemonte, specialmente nel territorio dell’antico Marchesato di Saluzzo e nei comuni limitrofi.
È una razza molto rustica, adatta a razzolare libera nei prati, dalla quale si ottengono uova dal guscio di colore rosato e carni pregiate, ingrediente di alcuni celebri piatti della cucina piemontese, come il pollo alla cacciatora e il tonno di gallina. Anche i bargigli e le creste sono impiegati nella preparazione della tradizionale finanziera, mentre la gallina a fine carriera è particolarmente indicata per essere bollita o servita in insalata.
Notizie di questa razza si hanno già a partire dal XIX secolo, in cui era già nota per la bontà delle carni e per la taglia più ridotta.
Sul finire del Novecento la Bianca di Saluzzo ha rischiato l’estinzione. Il sopravvento dell’allevamento industriale, oltre a soppiantare le piccole aziende agricole, ha privilegiato animali a rapido accrescimento o a elevata produzione di uova, che non avevano bisogno di spazi ampi.
A partire dagli anni Novanta l’istituto professionale per l’agricoltura e l’ambiente di Verzuolo ha avviato il recupero genetico di questa razza partendo da nuclei reperiti nelle campagne circostanti. L’attività di selezione è portata avanti dall’Università di Veterinaria di Torino e coinvolge il centro di riproduzione di Verzuolo e l’incubatoio di Torre San Giorgio dei fratelli Monge.
La Bianca di Saluzzo è presidio Slow Food dal 1999: il presidio ha riunito un gruppo di allevatori che producono carne e uova di qualità allevando gli animali secondo un disciplinare rigoroso:. Gli animali sono liberi di razzolare all’aperto (e non sottoposti alla costante illuminazione artificiale) e, tra gli altri, sono vietati gli OGM, le mutilazioni, le cure antibiotiche.